Il senso artigianale delle cose


Siamo spesso abituati a pensare troppo e di fretta. Questo è un problema in termini di socialità che ci abitua male a dare tutto per scontato come se tutto fosse dovuto. Ed è così che diventiamo cinici, asettici, freddi. Tutto invece dev’essere invece il contrario di questo se vogliamo parlare di rigenerazione.
 
Vi racconto una breve storia. In un tempo indefinito ho ricevuto una cassa di pesche da un paziente. Si presenta puntuale allo studio nel “suo” orario concordato insieme e prima di cominciare il colloquio tiene tanto a consegnarmi la cassa di pesche raccolta nel suo campo. Tralasciando per un attimo gli aspetti puramente tecnico-clinici, nel suo valore conviviale di condivisione, la cassa rappresentò il suo personale modo per testimoniare il cammino intrapreso, paragonabile al frutto di qualcosa che avevamo costruito insieme. Una testimonianza viva e soprattutto piena di calore umano che ha cementificato la relazione divenuta ancora più terapeutica. Poté ringraziare commuovendomi, proprio perché quella vicinanza aveva rinfrescato ricordi di questo tipo, dove il baratto e lo scambio di doni e gagliardetti di ogni genere andava oltre ogni cosa.
 
Già, la relazione, quel concetto tanto caro a Bordermind, bistrattato e isolato dai tecnicisti di professione, sempre pronti a cavalcare le onde della convenzione e del profitto senza cervello. Perché quella del fattore umano sarà una scelta di campo, difficile e controcorrente. E non è uno slogan da copiare per inerzia.

Le nostre radici sono relazionali, dove la cassa di pesche ha lo stesso valore del prezzemolo da chiedere senza paura al proprio vicino, magari dandosi appuntamento per il caffè dopo pranzo. Perché senza vicinanza non siamo umani. Perché senza calore non possiamo avvicinarci a nessuno. Perché solamente in questo modo potremo parlare di relazione come strumento di cura. Uno strumento costituito da due persone ferite che sceglieranno di incontrarsi e curarsi insieme. 

Rigenerare per noi significa questo, con tutto il calore possibile.
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Giovanni Dipaola